Associazione Baskin ODV

Via Altobello Melone 18/20

26100 Cremona

Chi siamo

Esperienze personali

tratto da "Baskin a 360° - Teoria, tecnica e tattica" di Roberto Anzivino

Il soldato della palla a spicchi

Il baskin come esperienza di vita

Mi ha sempre affascinato l'idea di poter giocare a uno sport nuovo, con chiunque ne avessi voglia, senza la paura di essere giudicato dagli altri, ma soprattutto diverso rispetto a quelli che si vedono in televisione e al tennis che praticano da parecchi anni.

La bramosia irrefrenabile di far parte di una squadra mista, composta da uomini e donne, giovani e adulti, bravi e meno bravi, bianchi e neri e, perché no, a sviluppo tipico o con disabilità, pervadeva il mio animo e i miei sentimenti più profondi.

Venne il giorno in cui , fortuitamente, mia madre lesse una locandina affissa sulla porta d'ingresso della palestra del "Parco Trotter" di Milano, in cui si spiegava, a grandi linee, l'essenza del Baskin e si proponeva di prendere parte al corso organizzato dalla "ASD - San Gabriele Basket".

Giunta a casa mi informò di questa iniziativa e, incuriosito, il giorno seguente mi recai in palestra per vedere di che cosa si trattasse. Ad accogliermi c'erano Bon e Sarah, due ragazzi sulla trentina con il sorriso sulle labbra e, sin dallo sguardo, tanta voglia di insegnare o meglio di far giocare a Baskin.

Giusto 5 minuti per capire le regole principali e via, subito ad allenarsi con ragazzi, ragazze, "disabili", "normodotati", alti, bassi, bravi, meno bravi.

Trovai il clima giusto per star bene e divertirmi in compagnia; inoltre, non ebbi difficoltà ad ambientarmi, perchè i sorrisi dei miei compagni di squadra mi aiutavano e mi fornivano quella "marcia in più" necessaria per dare il meglio di me in quello che, avevo capito, sarebbe stato lo sport che avrei continuato a praticare con costanza e determinazione da quel momento in poi.

Scelsi, dunque, di iscrivermi al corso senza alcuna esitazione perchè trovai nel Baskin lo sport con quel qualcosa in più da renderlo diverso e quindi molto più interessante, oltre che quasi unico per l'incredibile alternanza tra amicizia e competitività, alla base di ogni partita ufficiale.

Ciò che lo differenzia dalle altre discipline è la capacità di farti sentire parte di una grande famiglia e sempre al centro dell'attenzione da parte di tutti.

Il fatto di non essere giudicati, di non rischiare di non far parte della partita o essere esclusi è la dote migliore che si possa rintracciare, perchè ciò che conta non è quanto si è bravi, ma quanto si ha voglia di fare e quanto si è determinati nel farlo.

Giocare, ma anche solo osservare questa attività sportiva, penso sia un'esperienza unica che tutti dovrebbero poter provare, anche coloro che ora stanno leggendo questo libro. Mi piace praticarla, ma trovare le parole giuste per far capire che cosa si prova è un'impresa ardua, si rischia di cadere nella banalità: posso solo dire che, nel giocare, mi sento vivo.

Tutti i giovedì, finito il corso, sento di essere una persona diversa, una persona più completa rispetto a prima; è come se ogni volta riuscissi ad apprendere qualcosa di nuovo di cui far tesoro e conservare con cura e attenzione. Loro, i miei compagni, sono, per me, una fonte inesauribile di energia e forza. Mi hanno fatto capire che la vita è bella così com'è e che va vissuta, così come tutte le possibilità che essa offre.

Allo stesso modo, anche i miei compagni di squadra penso possano imparare qualcosa da me. Ognuno di noi possiede delle doti che, da solo, non è sempre in grado di scovare, ma che gli altri notano subito, siano esse l'altruismo, la generosità, l'umiltà, la simpatia...

Colore che leggono questo volume non credano che il Baskin non sia un'attività sportiva vera e propria: chi vi partecipa fa parte di una squadra e deve impegnarsi per cercare di migliorare volta per volta; la mia ambizione personale è quella di avanzare di ruolo dal 4 al 5, cercherò di imparare il terzo tempo e di perfezionare la mia fase difensiva. Inoltre l'obiettivo della squadra, a sostegno del fatto che questa disciplina è molto competitiva, è quella di conquistare la finale del torneo per poter partecipare al campionato nazionale di Cremona.

Quando ho iniziato a giocare mi sentivo un "soldato" allo sbaraglio, avevo giocato davvero poco a basket in vita mia e non pensavo di poter arrivare ai livelli ai quali sono ora. Ho migliorato il tiro, la mira, la visione di gioco e la velocità di movimento, sono molto soddisfatto, dunque, del lavoro svolto con i miei allenatori che ringrazio.

Davide Motta


La moglie infortunata

Se devo essere onesta la prima volta che ho sentito parlare di Baskin non ho prestato molta attenzione. Per gentilezza sono stata a sentire Laura e Davide (allenatori della squadra di Lentate sul Seveso) che spendevano tutte le loro parole per convincermi che poteva essere una soluzione per Paolo, mio marito, da poco tempo sulla sedia a rotelle.

Ho giocato da ragazza a pallacanestro, per anni, e "quello" era uno sport; "questo" mi sembrava che fosse un surrogato per "far giocare" coloro che non avevano alternative.

Mio marito, invece, ha con decisione voluto vedere e soprattutto provare.

E quella è stata la fine, o meglio l'inizio.

La nostra squadra si è formata progressivamente, acquisendo di volta in volta elementi nuovi, con disabilità mentali e motorie. All'inizio la diffidenza era reciproca: noi "normali", non ci approcciavamo ai "diversi". Ma anche loro ci guardavano con diffidenza, anzi, loro con paura. Paura di noi che non comunicavamo perché non li conoscevamo, perché non li capivamo.

Poi il pallone lo devi passare e devi trovare il modo per spiegare al tuo compagno, qualunque esso sia, che la palla deve essere condivisa con lo scopo di andare a canestro. Quindi inizi: "Stè! Guarda! Quando ti passo la palla tu devi prenderla e poi devi fare così" e qui l'uso dell'esempio visivo è fondamentale.

E poi capisci che riesci a comunicare, e anche, ma soprattutto, capire e condividere! E a ridere anche, delle loro difficoltà e delle tue, che dopo trent'anni che non giochi più fanno sembrare te una disabile motoria!

In realtà ci è voluto poco per diventare una squadra nel senso più completo del termine, nella quale ognuno fa ciò che può al meglio per raggiungere un obiettivo comune: fare canestro.

Scopri così che le varie forme di autismo permettono di segnare in modo continuato e costante, data una indicazione iniziale e trovato un movimento che possa essere ripetuto sempre uguale.

Che ragazzi con ritardi di sviluppo intellettivi e motori migliorano continuamente sotto i tuoi occhi, nei movimenti fondamentali, nella conoscenza del gioco, nella sua organizzazione e nella gestione emotiva della partita, ma anche per quel che riguarda la tua gestione emotiva: capiscono e ti tranquillizzano e tu sorpreso ti rilassi.

È solo un gioco? No!  È davvero un modo per capire la vita, ogni tipo di vita, per arricchire la tua e per migliorare la loro.

Quando sono in campo le differenze, adesso, non ci sono più. Ci capiamo solo con pochi gesti e poche parole.

E per me che ora li guardo da fuori (sono in infortunio) la sorpresa più grande è notare il loro miglioramento; corrono con cognizione non più senza sapere dove andare; tirano a canestro sapendolo centrare e quando sbagliano l'errore è di poco conto; contano correttamente e capiscono i fischi dell'arbitro: sanno che devono fare canestro entro dieci secondi, ma prima devono palleggiare almeno due volte.

Noi li abbiamo visti all'inizio. Abbiamo visto la loro confusione, la loro incomprensione, il loro sguardo vuoto alle nostre richieste. Ora vediamo la loro consapevolezza, la loro capacità, la loro competenza. Ma la cosa più bella è vedere i loro genitori, fratelli, sorelle che da anni condividono la loro vita sorprendersi di fronte a questa acquisita "normalità".

E per quanto riguarda il gioco... caspita se è duro! La partita è velocissima, un continuo passaggio di livelli e quindi di strategie. Si corre avanti e indietro per difendere, fare canestro e far fare canestro, portare la palla ai pivot... e riprendere da capo. Chi sa giocare non deve rinunciare alle sue capacità, le mette a disposizione della squadra affinché il compagno sia messo nella condizione di segnare. E quando un compagno riesce a segnare abbiamo vinto tutti.


Nadia


L’artista infallibile

La vita è fatta di attimi. Milioni di questi possano assolutamente inosservati, altri (pochi, pochissimi) diventano "pivotali", non saranno mai dimenticati fino alla fine poichè segnano in modo indelebile un'esistenza intera.

Lo sport, il basket su tutti, è una metafora perfetta di questo concetto. Attimi, frazioni di secondo: il tiro sulla sirena, dentro/fuori, vittoria/sconfitta.

"The shot": Michael Jordan è ancora fermo là se chiudi gli occhi, a Salt Lake City, nella perfezione di quell'ultimo tiro nell'ultima partita per l'ultimo anello.

Attimi, dicevo. Uno di quei milioni di attimi messi nella fila dei miei giorni ha cambiato l'ultimo anno: mi cade l'occhio su "buzzer beater blog", pagina che ride di basket su Facebook. Non scherza però in quel giorno di settembre.

Un post breve, un video allegato: "In genere qui si parla di cazzate, stavolta condividiamo una cosa seria.  Non vi diciamo niente: provatelo perchè è bellissimo". Allegato un video di mezzo minuto in cui vedo giocatori che vanno a canestro, ragazzi con disabilità che tirano in un canestrino a metà campo (?), maschi e femmine in campo... Partono immediatamente e-mail, messaggi, sms per avere informazioni e trovare squadre.

Mi risponde per primo il Sanga, a Milano. Non propriamente dietro l'angolo, anzi, ma sono anni che cerco il tempo e il modo per fare qualcosa "non per me" e di certo non sarà un'oretta scarsa di macchina a fermarmi.

Mi perdo almeno un paio di volte nel "Parco Trotter", una sorta di babele interraziale. Trovo la palestra, solo perchè tutta a vetri.

Il primo approccio è stato:

Io: "Ciao, sono Mauro, ci siamo sentiti al telefono e son venuto a dare un'occhiata...".

Bob (l'allenatore): "Hai la borsa! Bene, dai cambiati che fai una sgambata con noi!".

Bob sorride.

Uno a zero per il Sanga. Mi cambio, in spogliatoio c'è un ragazzo giovane, faccia pulita. Si chiama Davide, ha la borsa del Re (Federer) e scambiamo qualche parola.

Due a zero per il Sanga. Arrivano anche un ragazzo con sindrome di Down, e un altro sale e pepe, tutto affaccendato nei suoi pensieri. Poi arriva Albertone, distonico (scopro poi), in carrozzina, accompagnato dal padre con cui inizio a parlare ignorando il ragazzo, dando per scontato che... beh, insomma, dare per scontato è una cosa che ho smesso di fare: Mauro viene battuto per manifesta inferiorità dal Sanga di cui entra a far parte in tempo zero.

Sono un ruolo 5, che sa giocare a basket. In realtà non mi sarebbe importato nulla né di ciò che avrei dovuto o potuto fare ma nel Baskin ho trovato uno sport vero, che mi dà la possibilità di fare qualcosa di buono divertendomi. Verrebbe da dire che è uno sport che annulla le differenze, ma secondo me al contrario le accentua, rendendole veramente speciali. Durante una partita l'apporto di ogni ruolo, dal pivot al 5, è assolutamente essenziale e insostituibile. Mi piace pensare che la bilancia penda dalla parte dei "meno abili", in campo.

Il campo ha dimostrato questa mia tesi: il Sanga ha vinto il campionato 2013-2014 e i principali fautori della vittoria sono stati proprio tutti i ragazzi e le ragazze che, fuori dal campo, vivono in una società che rende loro l'esistenza molto dura. Durante la partita i canestri di Alberto, Stefano e Fabrizio (i miei pivot) hanno sempre scavato il solco con gli avversari. I "coast to coast" di Francesco ed Eugenio, i nostri formidabili numeri 3, hanno pesato come pugni del KO in più di un'occasione.

Le partite sono dure, non pensate il contrario. Ognuno, sul parquet (quando c'è), dà tutto. Nessuno risparmia nulla. È battagli vera, sport vero. Con un po' più di rispetto di fondo, forse, ma non si fanno sconti. La competizione è totale, il senso di squadra è assoluto.

Il mio ruolo? Meraviglioso: è quello di passare la palla al compagno più "pericoloso" al momento, di difendere sui miei pari ruolo, di rubare palloni, di prendere rimbalzi e... di parlare e urlare tutti il tempo! Per ricordare a Peter, un altro ruolo 3, che è altissimo e le sue braccione alzate fanno paura, per coordinare attacco e soprattutto difesa con Dave e Fabiana (i numeri 4 da combattimento), per incitare dalla panchina e per gioire quando Albertone e Stefano segnano come macchine infallibili durante la finale.

Spesso, ultimamente, mi sento dire: "Oh, bravo, che bella cosa", come a riconoscere il fatto che io stia dando tantissimo. Ora, onestamente non so quanto io stia dando. Sicuramente so quanto io sto ricevendo, ne sono certo, è molto di più. I genitori dei ragazzi spesso mi ringraziano. Io ringrazio loro, ogni volta. Un po' per il fatto di essere accanto ai loro ragazzi, ma soprattutto perchè, grazie a loro, ho la possibilità di vivere tutto ciò. Giusto recentemente un signore al torneo di Binzago, dove abbiamo giocato una partita di "sensibilizzazione", si è detto commosso e in lacrime. La risposta, spontanea, è stata: "Vieni anche tu, vedrai che le lacrime si trasformano in risate". Quotidianamente le mie sofferenze di artista, quelle di essere umano, la mia quotidianità vengono ridimensionate e "riposizionate", dandomi un equilibrio e una pace che mai prima di questa esperienza avevano reso la mia esistenza più serena.

Stefano, sempre spaventato e distante, che sorride quando mi vede arrivare. Stefano, che si fida di me e fa esercizi con me, seguendomi. Stefano, riluttante al contatto fisico, che mi abbraccia dopo la finale. Fabrizio, che dal posto lontano dove sta, mi dà un cinque alto, dopo tanti tentativi. Alessandra, giocatrice di basket professionista, che pinage dall'emozione durante la premiazione. Bob, totemico e solare. Albertone, che sorride. Io, che sorrido. Sempre, quando sto con loro. E non lo faccio per loro: lo faccio grazie a loro.

Mauro Mazzara


Il capitano dalle mille parole

Io gioco a Baskin perchè è lo sport più bello del mondo e mi diverto e sto bene, perchè cucco e mi tengo in forma, e poi voglio vincere il campionato!!!

Ecco, per me va bene e così, grazie.

Cap.


Lo stratega cremonese

Mi chiamo Francesco Longhi, ho 25 anni, abito a Cremona e nella vita faccio lo studente: sono laureato in Scienze motorie e laureando in Fisioterapia. Ho diverse passioni, ma tra queste ce n'è una che spicca sulle altre, ed è il Baskin.

Era d'estate, non ricordo l'anno, ma sicuramente ricordo come quella esibizione serale nel campetto del mio oratorio mi abbia colpito. Quella sera andava in scena una partita d'esibizione di Baskin. Le regole non le conoscevo, il gioco mi appariva piuttosto strano, qualche regola non mi tornava, ma il risultato, cavoli, quello sì che mi è apparso subito chiaro e lo spirito del gioco mi ha contagiato fina dal primo istante.

Quando a cavallo tra il 2007 e il 2008, il presidente dell'unione sportiva San Michele mi ha informato che era nata una squadra di Baskin e servivano dei giocatori, beh la risposta è arrivata in un decimo di secondo. Ovviamente positiva.

Da quel momento questo nuovo sport è diventato una parte sempre più grande della mia vita. Ho cominciato da giocatore, inizialmente in punta di piedi poi sempre più con tutto me stesso, successivamente sono passato a fare l'allenatore, e infine il dirigente responsabile della squadra, oltre che essere diventato membro del consiglio dell'Associazione Baskin. Sempre più cose da fare, ma tutte con la stessa pesantezza di una piuma.

Perchè il Baskin per me è questo, è leggerezza e gratuità. Tutti giocano assieme, tutti si esprimono al massimo, tutti sono coinvolti, ma nessuno lo fa per pietà o per favoritismi, lo si fa perchè piace e perchè ci si diverte. L'integrazione che avviene tra "normalità" (se si può chiamare) e disabilità è la ciliegina sulla torta di un sistema che di per sé funziona a meraviglia aumentandone a dismisura le potenzialità che spaziano dal campo sportivo a quello sociale e educativo.

Io gioco anche a basket e non posso dire che uno sia meglio dell'altro, dico piuttosto che per certi versi si completano. Il basket come tutti gli sport d'élite si basa sulla selezione, ovvero i più bravi avanzano verso l'alto e i meno bravi restano più in basso. Il Baskin in parte rispecchia lo stesso concetto, ma lo fa all'interno di ogni singolo ruolo, in modo che continui sì a esserci meritocrazia ma che sia presente attraverso la suddivisione in ruoli partendo da livelli di abilità simili. E se queste abilità migliorano c'è anche la possibilità di avanzare di livello passando al ruolo successivo. A ognuno il suo livello, a ognuno la sua sfida.

Commiserazione e assistenzialismo vengono così superati, io qui vedo soltanto rispetto e fiducia nei compagni, che sudano assieme e si impegnano per raggiungere un obiettivo comune con la possibilità di essere tutti protagonisti, cosa che nella vita di tutti i giorni per alcuni non avviene mai.

Essere un giocatore di questo sport significa necessariamente maturità, ovvero essere in grado di capire chi sono i tuoi compagni e cosa sono in grado di fare e di non fare. Un esempio banale è quello del passaggio: a un compagno numero 5 passerò la palla in un certo modo, che non sarà altrettanto efficace per un compagno di ruolo inferiore che può avere un deficit di ricezione. Serve quindi adattare le proprie capacità a quelle dei miei compagni. Attenzione e adattamento, questi sono i doni di chi gioca a Baskin, abituarsi in campo a osservare e adattarsi di conseguenza ci permette poi di applicare queste abilità alla vita di tutti i giorni. Un saggio una volta ha detto una frase che suonava più o meno così: "Non è importante quello che guardi, quanto gli occhi con cui lo guardi". Concordo pienamente. Il Baskin ti cambia, cambia il tuo modo di vedere la vita, e lo fa in meglio.

Chi prova a giocarci difficilmente poi smette, e qualcosa significherà, perchè è sicuramente più quello che ricevi di quello che dai. Te ne accorgi da giocatore, quando esci dal campo e ti rimane addosso quella sensazione di pace nel cuore che non sai descrivere, ma che sai non succede con nessun altro sport. Poi però la consapevolezza arriva da allenatore quando pensi di dover essere tu con le tue conoscenze superiori a insegnare ai tuoi atleti, ma invece ti accorgi che sei tu a essere lo studente dietro i banchi ad ascoltare lezioni che non si trovano sui libri, argomenti sempre diversi e non replicabili che ti obbligano, ma al tempo stesso ti aiutano, a crescere giorno dopo giorno. Questa è stata la mia esperienza, persone che insegnano a palleggiare assieme a persone che insegnano a sorridere, perchè nel Baskin si è tutti studenti e tutti maestri.

Come allenatore posso aggiungere che gli obiettivi di una squadra non divergono poi tanto da quelli di altri sport: si tratta sempre di trovare l'amalgama giusta tra i componenti della squadra dando la possibilità a ogni giocatore di esprimersi al massimo delle sue potenzialità così da ricercare il miglioramento continuo. Qui dove le differenze sono la normalità, la ricerca dell'equilibrio è la base su cui fondare tutto il lavoro, perchè non esistono due giocatori identici e di conseguenza ogni squadra ha la propria identità  formata dalle caratteristiche dei singoli, e qui si vede se un allenatore di Baskin è in gamba perchè, oltre a gestire l'aspetto tattico (che come avrete ormai capito è un bel casino!) e caratteriale del gruppo, deve saper anche soppesare ogni individualità tenendo conto non solo del campo ma anche della vita di tutti i giorni, ambiente in cui molti di questi ragazzi trovano continuamente enormi difficoltà.

Giocando e allenando ho capito che la forza e la fragilità sono due facce della stessa medagli, fanno parte della nostra vita e non si possono eliminare, ma soltanto bilanciare e mescolare alla ricerca del continuo equilibrio. Io in questi anni ho imparato e sono cresciuto tanto, e sono sicuro che sarà così per tutti gli anni a venire, perchè i progetti personali in testa sono tanti ma in nessuno non c'è il Baskin. Per quanto possa sembrare banale non posso non rivolgere a tutti l'appello di conoscere da vicino cosa significhi realmente il Baskin, perchè solo così si può capire che questa è una scuola di vita, i cui risultati non si limitano al campo, ma alla vita, e penso che questo sia il più grande pregio di questo fantastico sport.

Francesco Longhi


La professionista dal cuore tenero

Sono venuta a conoscenza di questo sport l'estate scorsa finito il mio campionato, quando il nostro allenatore chiese a me e alle mie compagne se volessimo partecipare a una manifestazione sportiva ("Festa di via Padova" a Milano) organizzata dalla società per la quale gioco il "Sanga Milano", insieme ai ragazzi del Baskin.

Baskin?! Cos'è il Baskin? Di primo impatto mi sono detta "molto simile al basket", ma di fatto un altro mondo: nonostante i canestri e la palla a spicchi... qualcosa non tornava: due aree in più, due canestri doppi in più e 6 giocatori in campo... mmm... all'inizio non capivo molto bene le dinamiche di gioco! Provare così senza conoscere nulla è stato difficile: ci sono molte regole in più e le tattiche di gioco sono molteplici rispetto al basket; inoltre, inizialmente, non sai bene come rapportarti coi compagni di squadra; sei abituato a giocare in un certo modo e quando ti trovi a giocare con ragazzi con disabilità ti chiedi: "Ma come possiamo giocare insieme? Come possiamo fare?". Finita la manifestazione avevo questo pensiero in testa: volevo capire come fosse possibile che persone a sviluppo tipico e persone con disabilità potessero giocare insieme per la stessa squadra, rendendo possibile quindi una cosa che finora non lo era mai stata.

Alla fine ho scelto il Baskin. Ho scelto di farne parte e di prenderlo come impegno costante. Il Baskin per come lo vedo io è il primo sport in cui si eliminano le "barriere architettoniche"! Il primo sport che unisce il mio amore per il basket e la mia professione lavorativa (ambito riabilitativo), il primo sport dove tutti sono importanti allo stesso modo per la squadra, uno sport dalle molteplici possibilità.

É un mondo affascinante. Ogni volta che giocavo una nuova partita, mi appassionavo sempre di più. Ogni volta che ero in mezzo ai ragazzi, mi accorgevo di quanto forti fossero le mie emozioni. Si vengono a creare, in breve tempo, dei legami profondi coi tuoi compagni di squadra e con tutti coloro che ruotano intorno ad essa. C'è una componente umana, intensa e "ampliata", in qualche maniera, che non riesco bene a spiegare, diversa dal basket. Anche nel basket le emozioni sono grandi e indescrivibili ogni singola volta, però diverse: nel Baskin percepisci emozioni forti anche quando sono segnano gli altri... eh già!

Mi piace moltissimo giocare a questo sport. Ogni volta che gioco con i ragazzi del Baskin o quando li alleno, partecipo a un'emozione che non è contaminata dalla realtà quotidiana; è come entrare in un mondo parallelo, un mondo nato dall'integrazione di due realtà che non sono più divise, ma che si incontrano e lo fanno attraverso uno sport. Non conta chi è diverso da chi: conta che c'è un obiettivo comune e che ci si sta battendo insieme per perseguirlo. Nel Baskin una delle cose che mi piace di più è che ogni giocatore ha il suo ruolo ed è fondamentale in quel ruolo lì, in quel momento lì e nello stesso modo di tutti gli altri, per la squadra.

Durante la partita di Baskin mi sento concentrata e pronta a stare a fianco della mia squadra dal primo all'ultimo minuto, anche se le emozioni spesso si fanno sentire. Nei ragazzi che giocano con me percepiscono diverse sensazioni: c'è che è agitato, chi è determinato, chi pauroso, chi vuole segnare a tutti i costi... Spesso le tensioni per la partita che si andrà a giocare sono palpabili (che, intendiamoci, tutto sommato è un segnale positivo), ma bisogna imparare a gestirle. Il mio ruolo in quel caso forse è di portare un po' di tranquillità: è capitato a tutti di sbagliare un canestro o perdere una partita: l'importante è far capire che non succede nulla di grave. Così facendo tento di trasformare la loro agitazione in senso di appartenenza a un gruppo. Spesso loro sono un esempio per me: alcuni possiedono quella spensieratezza nel giocare che, dopo tanti anni di giocatrice "professionista", forse ho un po' perso.

Giocando a basket in categorie professionistiche, si va oltre il gioco stesso: alcune volte risulta essere come un "lavoro" che richiede un certo tipo di impegno, di risultati e concentrazione. Alcune volte la serietà di questo aspetto mi fa mettere in secondo piano la bellezza dello sport, del giocare insieme per il puro divertimento, per il piacere di stare con gli altri. Loro mi fanno rivivere questo aspetto e quindi riesco a giocare con la testa più leggera, sia in allenamento che in campionato.

Pensando a un domani mi piacerebbe diventare un'allenatrice di Baskin, ma per ora mi sento ancora una giocatrice e cerco di fare bene la mia parte: partecipo allo spirito di squadra e collaboro per creare un buon gruppo sia in campo che fuori. Intanto imparo più che posso dai ragazzi con cui gioco e dalla ricchezza di questo nuovo viaggio.


Alessandra Calastri


La sorella allenatrice

Sono Laura Anzivino, allenatrice del Baskin Groane Lentate, e mi sono avvicinata a questo splendido sport grazie a mio fratello, che giocava nel San Michele Cremona e allenava da qualche anno la squadra di Milano.

Un giorno mi ha chiesto se volessi partecipare a un torneo a Cremona con la sua squadra, perchè gli mancavano dei giocatori di ruolo 5. Incuriosita ho accettato, ed è stato un colpo di fulmine. Vedere ragazzi con disabilità fisica e/o mentale giocare a basket, esultare a ogni canestro, metterci l'anima per giocare al meglio, mi ha fatto pensare e capire che anche io volevo allenare una squadra di Baskin e partecipare concretamente con questi ragazzi nel costruire un rapporto particolare che si ha giocando insieme a loro. Il mese dopo, mio fratello mi ha detto che c'era in programma il corso allenatori.

Non ci ho pensato due volte, e mi sono subito iscritta. Dopo, con in mano l'attestato da allenatrice di Baskin, ho iniziato a girare per tutte le cooperative sociali della zona e naturalmente anche per le varie società sportive per trovarne una che mi permettesse di iniziare questa nuova esperienza.

La società l'ho trovata: Basket Groane Lentate sul Seveso. Sembrava tutto pronto per iniziare, i ragazzi erano pochi, ,a un buon numero per iscriversi al campionato del 2012. All'inizio i genitori erano titubanti: si domandavano se i loro figli avessero le capacità di affrontare quello sport.

Nel giro di qualche mese, ogni venerdì pomeriggio la palestra iniziava a "riprendere vita", i ragazzi aumentavano e il gruppo diventava sempre più numeroso e compatto. Abbiamo cominciato il campionato senza molti obiettivi, l'importante era partecipare; ma le vittorie continuavano ad arrivare, i ragazzi erano sempre più motivati e fieri delle loro performance, fino a quando, a giugno 2013, Lentate si è qualificata al primo campionato italiano di Baskin a Cremona.

É stata un'esperienza fantastica, indimenticabile, vedere i genitori piangere e sentirsi dire: "Grazie, a noi una cosa del genere non era mai successa, era impensabile". É una sensazione, un'emozione indescrivibile. Sono stati tre giorni meravigliosi, pieni di amicizia, risate, lacrime per le sconfitte e per le gioie, che hanno racchiuso le emozioni di tutto un anno.

É uno sport davvero unico, che emoziona e fa innamorare tutti quelli che ci giocano o che, anche per pochi minuti, lo guardano giocare. Allenare questi ragazzi è un dono, loro mi trasmettono tantissimo, da loro imparo ogni settimana qualcosa di nuovo.

Ho visto in loro dei grandi progressi sia fisici e soprattutto relazionali e in alcuni anche cognitivi. Il rapporto che ho con i miei ragazzi è bellissimo. Per loro sono un punto di riferimento, sono l'allenatrice che li sgrida e si arrabbia in allenamento e soprattutto in partita, ma sanno che per me sono e saranno sempre la mia squadra, cresciuta con fatica e tanta passione per il basket e il Baskin

Laura Anzivino


La "wrestler" di Potenza

Mi sono avvicinata e di conseguenza ho scelto questo sport davvero per caso e senza averne mai sentito parlare prima. In passato l'unico sport che ho praticato è stato la pallavolo, ma quando lo scorso ottobre sono giunta a Milano, per lavoro, sull'onda dell'entusiasmo (nuova città, nuovo lavoro, nuova gente), ho iniziato a cercare una squadra di basket femminile per principianti, un po' per coronare un vecchio sogno, un po' per conoscere un nuovo sport. Così, chiacchierando con amici e colleghi, al corrente del mio desiderio di trovare una squadra di basket, ho contattato tra le varie società quella del Sanga di Milano ed ecco che spunta fuori la proposta di provare uno sport nuovo, descrittomi come: " Uno sport particolare poichè coinvolge nel campo da gioco contemporaneamente disabili, normodotati, donne e uomini".

La curiosità di capire cosa fosse mi ha portato in palestra e da lì ad apprezzare e non abbandonare più il Baskin, che ritengo avere una marcia in più rispetto a tanti altri sport: agonismo come qualsiasi disciplina sportiva e allo stesso tempo condivisione delle diverse abilità/disabilità con tutte le squadre che si incontrano nel corso del campionato, oltre che con i propri compagni di squadra.

Osservando una partita di Baskin quello che a mio avviso colpisce di più è il senso di unione che si crea in qualsiasi azione di gioco, intesa come la collaborazione necessaria a portare a buon fine un'azione. Il compagno di squadra più bravo (ruolo 5) senz'altro dirige il resto dei compagni, i quali però sono assolutamente indispensabili per centrare il canestro e vincere una partita. Non è il più bravo a fare la differenza, ma la capacità di giocare insieme e collaborare che garantisce un buon risultato.

Il senso di solidarietà, come sostegno e appoggio, che si instaura tra i diversi giocatori, rende questo sport una disciplina "diversa" da tutte quelle che conoscevo fino a questo momento. In ogni partita o allenamento ciò che mi piace di più in assoluto è avere la possibilità di essere lì tutti insieme, mettersi alla prova, come in qualsiasi disciplina sportiva, per raggiungere lo stesso obiettivo anche se in modo differente.

Grazie ai miei compagni di squadra ho conosciuto cosa significa gioire di un canestro, sorrisi che finora non conoscevo, così come la determinazione nel raggiungere l'obiettivo di vincere il nostro campionato. Non è stato semplice ed immediato l'approccio a una situazione alla quale non ero abituata o semplicemente non conoscevo fino a quel momento e trovare il giusto modo di comunicare con i miei compagni ed entrare in confidenza con loro e con la realtà che vivono è qualcosa che ha reso speciale più di altri questo sport.

Fabiana Gerardi


La musa ispiratrice

Il primo ricordo che ho dell'approccio al Baskin risale alla scuola media nel 2001. Stavo scendendo col montacarichi per affrontare le ore di educazione fisica quando mio padre mi disse: "Allora martedì si iniziano gli allenamenti, tu vieni?" Gli risposi un secco "No!". Non avevo idea di come la cosa potesse funzionare, mi sembrava impossibile che le persone disabili e le persone a sviluppo tipico potessero giocare insieme e poi il basket non mi è mai piaciuto. Così, per più di un anno, non ne volli sapere niente. Poi, col tempo, vedendo i miei fratelli più piccoli giocarci, la curiosità si fece avanti ed ecco che iniziai a divertirmi. Quando entrai nella mia prima e unica squadra di Baskin, il San Michele, iniziai a fare sul serio, mi sentii importante e forte e iniziai a stringere relazioni significative per la mia vita. Non esiste nella mia città uno sport - scientificamente inteso come tale - che potessi praticare date le mie difficoltà motorie. Mi piace l'idea e anche il fatto concreto di poter accedere a uno sport in modo così partecipativo e reale, cosa che non avrei mai pensato di poter fare prima.

Mi piace giocare le partite del campionato perchè mi salgono l'adrenalina e la voglia di far vincere la mia squadra. Mi piace di meno fare l'allenamento non perchè sono pigra quanto perchè a volte si rivela un po' ripetitivo, soprattutto per il pivot di ruolo 1 che non può spostarsi in tutta la palestra ma sta fermo nella sua postazione pronta al tiro. Quando in partita sono in panchina mi immedesimo nei miei compagni godendomi lo spettacolo e seguendo i mirabolanti movimenti della palla. Ci sono comunque dei momenti in cui faccio fatica a giocare perchè mettersi in gioco nel Baskin significa anche fare i conti con i propri limiti e vedere che altri li superano, quindi a volte si perde la motivazione. A volte mi piacerebbe di più coordinare gli allenamenti, osservando cosa succede e cosa è possibile migliorare. Comunque è bello incontrarsi e avere un obiettivo comune.

Durante la partita guardo sempre il tabellone dei punti perchè mi fa sentire dentro la partita anche quando non gioco. Quando sono in campo a volte non mi accorgo che mi stanno portando la pallone e mi agito. Se vinciamo sono molto felice, se perdiamo mi spiace soprattutto se abbiamo giocato bene. Mi piace quando ogni pivot può dare il proprio contributo per cambiare le sorti della partita quando queste sono sfavorevoli.

Dalla mia squadra imparo molto. Dall'allenatore capisco che tutti sono importanti, dagli altri giocatori capisco la fatica e l'impegno per portare a termine una azione e la gioia di aver ottenuto un buon risultato. Da me imparano che non mi tiro indietro nei momenti topici del match, la mia determinazione e che si può partecipare tanto anche facendo un piccolo gesto (ma vi assicuro per me molto impegnativo!). Spero sempre di poter vincere il campionato e mi dispiace che la mia squadra si arrivata seconda al primo campionato italiano. Ma ci siamo divertiti un sacco dentro e fuori il campo. Mi piacerebbe nel prossimo futuro pensare e progettare una sempre più operativa integrazione e coinvolgimento di un numero di forme di disabilità sempre maggiori.

Dall'inizio conosco molte più persone, sia giocatori che genitori. Fisicamente mi dicono che è cambiata un po' la potenza con la quale tiro (è aumentata la distanza del canestro in cui tiro). Il Baskin mi ha permesso di relazionarmi in modo positivo verso tante persone. Le cose che mi entusiasmano di più in questo sport sono la sua imprevedibilità, la sua capacità di unire persone diverse e la sua capacità di diffondersi sempre di più in tutta Italia e non solo.

Giocando a Baskin ho imparato forse a credere più in me stessa, a capire che posso aiutare gli altri e a sapere che anche gli altri sono importanti per me anche al di fuori del gioco. Ho imparato a vivere con più consapevolezza e più leggerezza la mia condizione di disabilità. Il mio augurio al Baskin è quello che possa essere sempre più inclusivo portando con sé sempre più energia vitale. Avendo vissuto io tante esperienze di esclusione a causa delle barriere architettoniche e mentali della società in cui vivo, spero che il Baskin possa essere di esempio per altre esperienze di integrazione nella vita quotidiana.

Marianna Bodini


Il toscano della porchetta e del Baskin

Ho praticato la pallacanestro sin da quando ero bambino, e anno dopo anno, è diventata parte della mia vita. Ho sempre voluto portare questo sport, per me meraviglioso, a tutti i ragazzi meno fortunati, ed emarginati dalla società, per dare loro la possibilità di sentirsi partecipi e far parte di una squadra. Per 3 anni con Gianluca Orsi abbiamo lavorato con le Special Olympics, ma ci mancava una parte fondamentale di qualsiasi sport: l'agonismo. Gianluca, facendo ricerche su internet, ha scoperto il Baskin e ce ne siamo innamorati subito, tanto da aprire un centro (il primo) in Toscana.

Dopo l'esperienza con le Special Olympics ho scelto (in realtà abbiamo scelto con Gianluca) il Baskin perchè è uno sport completo. Permette di far giocare contemporaneamente tutti i ragazzi, a prescindere dalle disabilità che hanno, compresi coloro che per muoversi hanno la necessità di una sedia a rotelle, ma soprattutto perchè non prevede assistenzialismo ma fa sentire ognuno di noi (istruttori, volontari, ragazzi) parte di una squadra, creando quel sano agonismo necessario per affrontare qualsiasi ostacolo che sia una partita o un movimento che la disabilità permette in maniera limitata. La triade squadra-sport-agonismo crea il mix necessario per far sentire tutti parte integrante di quello che stiamo facendo.

Mi piace sia osservare sia giocare a Baskin. Anzi direi soprattutto giocare, per le emozioni che si provano durante ogni azione e che i ragazzi riescono a trasmettere a noi "normodotati". È difficile spiegare un'emozione, ma ogni volta che metto piede in campo e gioco, oltre a dare tutto quello che posso per arrivare al risultato (la vittoria), ogni passaggio, palleggio o tiro è il risultato della gioia vera che provo nel far parte di una squadra speciale e unica nel suo genere.

Durante una partita di Baskin, percepisco le stesse sensazioni che provavo quando calcavo i campi di serie C o D: entrare in campo per vincere. Nel Baskin c'è un aspetto in più che le squadre senior non hanno: la collaborazione per far sì che tutti siano parte integrante e la gioia che i ragazzi esprimono a ogni passaggio che ricevono o a ogni tiro che effettuano.

Si gioca assolutamente per vincere, ma anche per esaltare le doti di tutti i ragazzi presenti nella squadra.

Dai miei compagni di squadra ogni giorno imparo la voglia di vivere e l'affrontare ogni situazione con il sorriso. Questo è quello che i ragazzi mi insegnano ogni volta che ci vediamo. Da me possono imparare l'agonismo e il non arrendersi davanti alle difficoltà. Sono cocciuto e testardo, la parola difficoltà non esiste, credo che ogni problematica possa essere affrontata e risolta in un modo o nell'altro. Questo è l'obiettivo che mi sono prefisso di insegnare ai ragazzi: ognuno di noi può conoscere il proprio limite e migliorarlo.

Gli obiettivi individuali che mi prefiggo di raggiungere sono diversi da quelli dei ragazzi: per me è importante provare a migliorarmi ogni volta, sotto l'aspetto sia tecnico per il Baskin, sia caratteriale per relazionarmi con tutti coloro che ho la fortuna di incontrare. Per quanto riguarda i ragazzi, desidero aiutarli a migliorarsi cercando di esaltare le loro abilità, ma anche aiutarli nel percorso attitudinale fisico che devono affrontare a causa delle loro disabilità. Obiettivo ambizioso ma occorre pensare al massimo risultato, senza accontentarsi di essere solo dei partecipanti. Da quando mi sono approcciato a questo sport il mio modo di rapportarmi con le persone è notevolmente migliorato. Il Baskin apre la mente a qualsiasi situazione, preparandoci ad affrontarla al meglio. Ciò che mi entusiasma di più sono la collaborazione e l'agonismo. Per capirlo bisogna giocare e provare queste emozioni. Vedere un ragazzo che nella scuola e nella vita è stato emarginato, e renderlo parte integrante e partecipe in una squadra è l'aspetto che mi ha fatto innamorare di questo sport.

Il Baskin è unico perchè unisce mondi diversi tra loro, integrandoli e rendendoli partecipi tutti insieme al fine di raggiungere un unico obiettivo: la vittoria. Siamo tutti parte di una squadra eterogenea e ognuno lavora non per se stesso ma per gli altri, per esaltarne le qualità migliori e per ottenere il massimo risultato. Condivido l'esclamazione fatta da una amica la prima volta che vide questo sport: "Questa è vera integrazione". Concludo e aggiungo: "Questa è vera gioia". 

Antonio Berti


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